I due fattori che maggiormente incidono ai fini di una corretta e fruttuosa attività di recupero crediti -qualunque sia il valore della posizione e chiunque sia il soggetto debitore – sono il tempo ed il metodo; occorre cioè necessariamente intervenire tempestivamente, poiché più si attende e minori sono le possibilità di successo dell’azione e seguendo un preciso iter. In questo articolo mi concentro su quest’ultimo fattore, evidenziando le fasi della procedura da osservare per ottenere il miglior risultato possibile, a seconda delle diverse posizioni e delle reali possibilità di recupero. Queste possono così sintetizzarsi:

  • I^ Fase: indagine approfondita sul patrimonio del debitore (beni mobili/immobili, referenze bancarie, visure catastali/ipocatastali, pregiudizievoli, crediti vs terzi, stato occupazionale, etc… ) e sulla sua reperibilità (residenza, domicilio effettivo, utenze, etc…); questo passaggio – molto delicato e purtroppo spesso trascurato – è invece fondamentale e deve essere condotto tramite un legale che si avvalga di primarie agenzie investigative autorizzate e abilitate che operano sull’intero territorio nazionale. Infatti, questo preventivo screening consente, con un costo contenuto, di stabilire se è conveniente procedere con l’attività di recupero o se, invece, portare a perdita la posizione, avvalendosi dei benefici fiscali, secondo quelle che sono le regole della deducibilità previste dalla normativa vigente (TUIR);
  • II^ Fase: quando l’esito dell’indagine è positiva, si passa alla fase stragiudiziale, che consiste nell’invio di una diffida contenente la precisa quantificazione del credito insoluto (dunque capitale, interessi di mora e costi per il recupero) e nel successivo tentativo di contatto telefonico con il debitore. La ricezione della lettera determina la messa in mora del debitore ed interrompe i termini di prescrizione del credito, mentre il contatto telefonico è finalizzato a sondare la disponibilità di quest’ultimo a sanare la posizione in via bonaria, eventualmente tramite un piano di rientro garantito. Questa fase può quindi essere solo transitoria (per poi sfociare in quella di seguito esaminata) oppure definitiva, poiché può consentire il recupero in caso di accordo stragiudiziale che soddisfi l’assistito;
  • III^ Fase: in caso di mancato accordo, si passa alla fase giudiziale, che consiste nella proposizione di un ricorso per decreto ingiuntivo ovvero – qualora il debitore sia sottoposto ad una procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo o giudiziale, etc…) – in una richiesta di ammissione al passivo della procedura medesima. Anche questa fase può essere definitiva – poiché si può addivenire ad una transazione con il debitore od all’ammissione del credito in sede concorsuale – oppure solo prodromica al recupero coattivo del credito ingiunto;
  • IV^ Fase: solo in caso di mancata definizione della posizione all’esito della precedente fase, occorrerà attivare quella coattiva, consistente nel recupero forzoso del credito ingiunto tramite l’avvio di una procedura esecutiva; pertanto, alla luce di quanto accertato all’esito delle indagini di cui alla fase I, verrà eseguito un pignoramento sul patrimonio del debitore (mobiliare, immobiliare, presso terzi, etc…), eventualmente previa e/contestuale trascrizione di garanzie a tutela dello stesso sino alla conclusione della procedura stessa (ipoteca, etc…).

A conclusione di questa breve descrizione della procedura di recupero di un credito insoluto, è importante rimarcare che tutti i costi che il creditore è tenuto ad anticipare al legale – sia nel caso di trattativa stragiudiziale che nel caso di azione giudiziale – verranno comunque successivamente recuperati – poiché posti a carico del debitore od in fase conciliativa, oppure tramite liquidazione giudiziale: infatti, la legge prevede che il creditore ha diritto al ristoro del capitale, degli interessi di mora e delle spese legali che ha affrontato per ottenere quanto di sua legittima spettanza (artt. 3, 6 e 7 del D.Lgs. n. 231/02).