LA NOTIFICA DELL’ISTANZA DI MEDIAZIONE INTERROMPE I TERMINI PER L’OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO

 

Il tribunale di Bologna ha accertato l’illegittimità del licenziamento per la nostra assistita

Anche il Tribunale di Bologna ha riconosciuto come gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversia abbiano uno spazio sempre maggiore nel nostro ordinamento. 

I Giudici felsinei, pronunciatisi in grado d’appello, hanno infatti aderito al corposo orientamento di merito, consolidatosi nel corso dell’ultimo decennio, che afferma la possibilità di interrompere il termine per proporre opposizione al decreto ingiuntivo attraverso la notifica dell’istanza di mediazione.

 

Il caso

Nel 2020, un amministratore condominiale notificava ad una condomina un decreto ingiuntivo relativo a presunte spese condominiali maturate e non saldate. La condomina notava che la cifra oggetto di ingiunzione risultava ben maggiore delle spese condominiali effettivamente maturate, quindi decideva di pagare solo la minor somma dovuta.

Alcuni giorni dopo, proponeva istanza di mediazione nei confronti del condominio per risolvere in via conciliativa la controversia, evitando così la possibile esecuzione forzata per la restante parte della somma ingiunta.  

L’amministratore, trascorsi oltre 40 giorni dalla notifica dell’ingiunzione, rifiutava però di partecipare alla procedura di mediazione e la condomina era così costretta a opporsi al decreto ingiuntivo dinanzi al Giudice di Pace di Bologna.

 

Quest’ultimo, rigettando l’eccezione di decadenza formulata dall’ingiungente, dichiarava l’opposizione tempestiva, affermando l’applicabilità dell’art. 5, comma 6°, D.lgs.  28/2010 (attualmente 2° comma dell’art. 8) – norma secondo cui “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta…” – anche al termine di opposizione al decreto ingiuntivo, fissato in 40 giorni dalla notifica dall’art. 641 c.p.c..

 

Il Condominio appellava la sentenza presso il Tribunale di Bologna, sostenendo che la natura processuale del termine per l’opposizione avrebbe impedito l’applicabilità dell’effetto interruttivo della notifica dell’istanza di mediazione: l’interruzione, infatti, sarebbe efficace esclusivamente nei confronti dei termini sostanziali, come – ad esempio – il termine di 6 mesi dalla definitività della sentenza che conclude il processo per proporre la domanda di equo indennizzo prevista dalla cd. legge Pinto (art. 4 L. 89/2001).

Proprio su quest’ultima ipotesi si erano pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2013, affermando come tale termine potesse essere interrotto dalla notifica dell’istanza di mediazione. 

 

La difesa della condomina

La condomina – la quale, fra il primo e il secondo grado, aveva cambiato difensore, affidandosi al nostro Studio Legale – resisteva in giudizio, deducendo la correttezza della sentenza del Giudice di pace e la sua conformità alla più recente giurisprudenza di merito in materia che, sulle scorte della portata generale del principio affermato dalle Sezioni Unite nella menzionata sentenza, aveva dichiarato che l’istanza di mediazione interrompe altresì il termine dell’opposizione a decreto ingiuntivo. 

In particolare, la Sent. n. 17781/2013 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, nell’affermare il citato principio di diritto, ha specificamente valorizzato “la natura processuale del termine di  decadenza di sei mesi dalla definizione del processo durato per tempo irragionevole”, che peraltro “deve computarsi tenendo conto della sospensione del periodo feriale di cui all’art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, come accade per ogni altro termine analogo”.

Infatti, la netta distinzione fra decadenza sostanziale e processuale (su cui si basavano le argomentazioni dell’appellante) era smentita in primis dalla Corte costituzionale, che – già da diversi decenni – con le sentenze nn. 40/1985, 255/1987 e 49/1990 aveva esteso l’applicabilità della sospensione dei termini processuali di cui all’art. 1, L. 742/1969 a una serie di decadenze tradizionalmente considerate di carattere sostanziale, quali il termine di trenta giorni per l’opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione (art. 51, commi 1 e 2, l. n. 2359/1865), il termine di trenta giorni, di cui., per l’impugnazione delle delibere dell’assemblea condominiale (art. 1137 c.c), nonché il termine di trenta giorni di cui all’art. 19, comma 1, l. n. 865/1971.

In altre parole, non è in dubbio che tali termini siano sottesi alla realizzazione di un diritto sostanziale, tuttavia, ne viene riconosciuta, allo stesso tempo, la natura processuale: ne consegue, quale logico corollario, l’applicazione della sospensione feriale di cui all’art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742.

Un ragionamento analogo, dal punto di vista opposto è stato svolto di recente dalla giurisprudenza in riferimento all’interruzione dei termini “processuali” e “sostanziali”, prevista dall’art. 5, comma 6°, D.lgs.  28/2010 ratione temporis applicabile (attualmente 2° comma dell’art. 8).

 

Oltre al termine decadenziale di cui all’art. 4 della legge 89/2001 – sul quale si sono pronunciate le SS.UU. della Cassazione con la citata sent. n. 17781/2013, oggetto anche delle successive pronunce n. 2273/2019 e 27251/2918 – i giudici di merito e legittimità hanno dichiarato applicabile l’effetto interruttivo della notifica dell’istanza di mediazione:

  • al termine di trenta giorni di cui all’art. 1137 c.c., che, quantunque dettato dal codice civile, ha caratteri processuali, come affermato dalla già citata Corte Cost. n. 49/1990 (Trib. Roma, Sez. V, 16 luglio 2020, n. 10502, Trib. Busto Arsizio, Sez. III civile, 23 aprile 2021, n. 638; Trib. Padova, Sez. I, 2 luglio 2021, n. 1361; Trib. Velletri, Sez. I, 1° settembre 2023, n. 1653; App. Palermo, Sez. II civile, 7 luglio 2021, n. 1122);
  • al termine di cui all’art. 669-octies c.p.c. per la proposizione del giudizio di merito a seguito di accoglimento dell’istanza cautelare, avente carattere prettamente processuale e finalizzato ad ottenere una pronuncia di merito (cfr. Trib. Reggio Emilia, ord. 13 ottobre 2012 e, da ultimo, in un obiter dictum, Cass. civ. sez. II, 16/10/2023, n. 28695);
  • al termine di cui all’art. 641, comma 1, c.p.c., per la proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo, anche in tal caso disposto da una norma processuale e finalizzato all’introduzione di una fase di giudizio che conduce a una sentenza di merito: (Trib. Brescia, 3 maggio 2017, Trib. Milano., sez. XIII, 9599/2021; Trib. Roma sez. V, 12955/2018; Trib. Firenze, sez. III, 11 ottobre 2023, n. 2889; Trib. Perugia, 2 marzo e 26 giugno 2016)

La proposizione dell’istanza di mediazione, dunque, è tale da impedire la maturazione delle decadenze relative a atti di impulso corrispondenti alla domanda giudiziale o, quanto meno, finalizzati a introdurre una fase di giudizio che porti a una sentenza di merito, ciò a prescindere che si voglia attribuire al termine una natura processuale o sostanziale. 

Risultano invece esclusi dall’ambito applicativo del VI comma tutte le decadenze endoprocedimentali: si tratta di tutte quelle ipotesi in cui una norma processuale richiede il compimento di un atto entro un certo termine per il conseguimento di un effetto o al fine di evitare una preclusione, senza però introdurre o dare impulso a una fase di giudizio che conduca a una sentenza di merito. 

Tale conclusione risulta coerente con la ratio della disposizione in esame, ovverosia consentire alla parte, alla quale è assegnato dalla legge un termine per la proposizione di una domanda giudiziale, di intraprendere in prima battuta un percorso alternativo per la risoluzione della lite giudiziaria, evitando al contempo che ciò  causi un pregiudizio per la parte stessa legato al maturare di una decadenza o una preclusione.

 

La sentenza

I principi espressi dalla giurisprudenza di merito e legittimità citata e riportati dalla difesa della appellata sono stati fatti propri anche dal giudice felsineo. ll Tribunale di Bologna, infatti, sposa la tesi per cui “qualsiasi domanda giudiziale, anche quella di accertamento negativo del diritto di credito monitoriamente azionato, possa intendersi previamente introdotta dalla domanda di mediazione, anche nell’ipotesi del quarto comma del citato articolo”. 

Tale soluzione costituisce il corollario dell’”impostazione sistematica” da adottare, basata su un favore del legislatore per gli strumenti di deflazione delle controversie giudiziarie” che “lascia quindi margini asti di operatività delle parti, purché riguardino diritti disponibili e non vengano adoperati per allungare i tempi del giudizio”.

 Coerentemente con il rilievo di tale ultimo aspetto, il giudice ha affermato che “la obiezione che, così opinando, il debitore potrebbe eludere il termine perentorio di 40 giorni per proporre l’opposizione e dilatare il momento della decisione sull’istanza ex art 648 c.p.c., trova un giusto contemperamento nel termine di tre mesi previsto dall’art. 6 per la durata del procedimento di mediazione, che è prorogabile per ulteriori tre mesi soltanto prima della scadenza del trimestre su accordo scritto delle parti; il giudizio di opposizione durerebbe quindi soltanto tre mesi in più, qualora il creditore non voglia concedere alcuna proroga”.

 

Il Tribunale di Bologna, pertanto, dichiarando la tempestività dell’opposizione spiegata dalla condomina, ha contribuito al consolidamento di questo condivisibile orientamento giurisprudenziale, che apre la strada ad un più ampio utilizzo della mediazione quale strumento deflattivo del contenzioso, anche laddove la proposizione di un giudizio entro un termine stringente sembra costituire l’unico modo per far valere i propri diritti.

 

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