La giurisprudenza ed il lavoro straordinario e nei festivi

No al licenziamento del lavoratore che rifiuta di lavorare nei festivi

Uno degli aspetti particolarmente critici del rapporto di lavoro, tale da creare frizioni che sfociano spesso in gravi sanzioni disciplinari, financo al licenziamento, è quello costituto dal rifiuto opposto dal lavoratore a prestare il lavoro straordinario o durante un giorno festivo; è quindi opportuno un rapido aggiornamento circa lo stato attuale della giurisprudenza che si rinviene in materia.

  1. Il rifiuto al lavoro nei giorni festivi

Orbene, il dipendente che rifiuta di lavorare nei giorni festivi non può essere licenziato dall’azienda. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 18887/2019 nella quale – sulla base di una legislazione risalente nel tempo (L. n. 260/49 e n. 54/77) – viene sancito il diritto del lavoratore a godere delle festività civili e religiose infrasettimanali; infatti, l’azienda non può imporre a nessuno dei suoi dipendenti di lavorare nei giorni di festa, ma occorre sempre l’accordo tra le parti.

Per la Cassazione dunque, neppure i contratti collettivi possono prevedere l’obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanali, non potendo le OO.SS. derogare in senso peggiorativo ad un diritto del singolo lavoratore, se non nel caso in cui egli abbia loro conferito esplicito mandato in tal senso.

Pertanto, il datore non può imporre unilateralmente al dipendente di lavorare in queste giornate, occorre sempre un accordo preventivo con lo stesso: solo i dipendenti di istituzioni sanitarie, pubbliche e private, sono tenuti a lavorare nelle giornate festive se le esigenze di servizio non consentono il riposo previsto.

Le giornate festive, è bene rimarcarlo, non devono essere confuse con la domenica, e sono: il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno, poi troviamo quelle religiose nazionali tra cui il 1° novembre, l’8,il 25 e il 26 dicembre, l’1 e il 6 gennaio, il lunedì di Pasqua e il 15 agosto e  le festività del Santo Patrono che variano a seconda delle diverse città.

  1. Il rifiuto al lavoro straordinario

Il lavoro straordinario è disciplinato a livello nazionale dal D.L. 66/2003, all’articolo 5, il quale al comma 1 dispone

A regolare il lavoro straordinario e definirne gli aspetti salienti è l’articolo 5 del D. Lgs 66/2003, che precisa che il ricorso a prestazione di lavoro straordinario deve essere contenuto e che tale lavoro è regolato, nella sua esecuzione, dai contratti collettivi nazionali e che il ricorso a tale istituto deve essere “contenuto”.

Il comma 3 di tale articolo sancisce che in difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore, fermo restando il limite annuale di 250 ore di straordinario.

In alternativa, il comma 4 afferma che il ricorso al lavoro straordinario è ammesso (sempre salvo disposizioni della contrattazione collettiva) in uno dei seguenti 3 casi, per i quali comunque necessita l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore (Circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 8/2005) e per i quali non vale il limite legale di ore annuali visto in precedenza:

  • casi di eccezionali esigenze tecnico – produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
  • casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
  • eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

Per effetto dei principi testè indicati, in seguito a richiesta del datore di lavoro, il rifiuto del lavoratore allo straordinario è dunque legittimo:

  • in caso di superamento delle 250 ore di straordinario nell’anno, se il Ccnl applicato non deroga al limite legale di ore di straordinario annuali (250). A tal proposito si sottolinea che gli straordinari svolti per le cause elencate al precedente paragrafo non sono computati ai fini del raggiungimento di detto limite (Circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 8/2005);
  • in caso il Contratto collettivo preveda una clausola che consideri volontaria la prestazione straordinaria;
  • in ogni caso, qualora sussista un giustificato e comprovato motivo che impedisca la prestazione al lavoratore;
  • nel caso in cui il potere del datore di lavoro non sia esercitato secondo correttezza e buona fede;
  • nel caso in cui il lavoratore sia un lavoratore studente (art. 10, L. 300/1970).

Poiché tali principi risultano nella pratica quotidiana di difficile applicazione, la giurisprudenza è spesso chiamata a dirimere spinose controversie ed è giunta ad affermare che, in linea generale, qualora le ore di lavoro straordinario superino, in modo sistematico e continuativo nel tempo, il limite stabilito dalla legge o dai contratti collettivilimite che, in ogni caso, non può essere superiore, mediamente, alle 48 ore settimanali, salvo deroghe previste per particolari categorie di lavoratori, in relazione a particolari servizi (es. servizi ospedalieri, aeroportuali, radiotelevisivi, ecc.) od a situazioni contingenti (es. cause di forza maggiore) – il lavoratore potrebbe eccepire l’inadempimento contrattuale del datore di lavoro, rifiutandosi legittimamente di prestare l’attività. Vi è infatti da considerare che lo svolgimento continuativo di ore di lavoro straordinario eccedenti i limiti legali, può incidere negativamente sulla salute della persona, ad esempio quando vengano ridotti i tempi di riposo contrattualmente previsti tra una prestazione lavorativa e l’altra, esponendo il lavoratore ad un maggiore stress, con possibili ripercussioni sulla propria salute e sulla sicurezza della prestazione lavorativa, aumentando il rischio del verificarsi di infortuni; il lavoratore potrebbe quindi, in presenza di tali condizioni, rifiutare legittimamente lo svolgimento delle ore di lavoro straordinario richieste in violazione dei principi di correttezza e buona fede e delle disposizioni di legge poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (Cass. n. 17582/14; n. 2073/92).